serraolaser – Malpractice
Giurisprudenza e Casistica
a cura dell’Avv. Federico Contri, penalista del Foro di Roma
In tema di attività professionale medica, deve ritenersi colposa per imperizia la condotta mediante la quale non vengono osservate le leges artis scritte o non scritte finalizzate alla prevenzione non del rischio consentito dall’ordinamento, connesso alle scelte tra interventi terapeutici, ma di un ulteriore rischio non consentito nell’esercizio dell’attività stessa.
Per quanto riguarda la misura del rischio consentito, in mancanza di predeterminazione legislativa delle regole cautelari o di autorizzazioni amministrative subordinate al rispetto di precise norme precauzionali, la valutazione del limite di tale rischio resta affidata al potere discrezionale del giudice il quale dovrà tenere conto che la prevedibilità e la prevenibilità vanno determinate in concreto, avendo presente tutte le circostanze in cui il soggetto si trova ad operare ed in base al parametro relativistico dell’agente modello, dell’homo eiusdem condicionis et professionis, considerando le specializzazioni ed il livello di conoscenze raggiunto in queste.
In tema di colpa professionale medica, la responsabilità del medico non può configurarsi nel quadro della colpa grave, la quale si riscontra nell’errore inescusabile che trova origine o nella mancata applicazione delle cognizioni generali e fondamentali attinenti alla professione o nel difetto di quel minimo di abilità e perizia tecnica nell’uso dei mezzi manuali o strumentali che il medico deve essere sicuro di saper adoperare correttamente o, infine, nella mancanza di prudenza o diligenza che non devono mai difettare in chi esercita la professione sanitaria; per cui, dovendo la colpa professionale del medico essere valutata dal giudice con larghezza di vedute e comprensione, l’esclusione della colpa professionale trova un limite nella condotta del professionista compatibile con il minimo di cultura e di esperienza che deve legittimamente pretendersi in colui che sia abilitato all’esercizio della professione medica.
La responsabilità del medico deve essere ritenuta quando l’errore professionale, in rapporto alla soluzione di un determinato problema, dipenda da una particolare condotta contraria, per negligenza, imprudenza o imperizia, con le regole universalmente accettate nell’arte medica, e trovi origine o nella mancata applicazione delle cognizioni generali e fondamentali attinenti alla professione, o nel difetto di quel minimo di abilità e perizia tecnica nell’uso dei mezzi manuali o strumentali di indagine o di terapia che il medico deve essere sicuro di poter adoperare correttamente o, infine, nella mancanza di prudenza o diligenza che non devono mai difettare in chi esercita la professione sanitaria.
Quando, come nel caso di interventi operatori, il lavoro si svolga in “equipe”, ciascun componente è tenuto ad eseguire col massimo scrupolo le funzioni proprie della specializzazione di appartenenza.
In materia di colpa professionale, l’esclusione della colpa del sanitario trova un limite nella condotta del professionista incompatibile con quel minimo di cultura e di esperienza che deve legittimamente pretendersi in chi è abilitato alla professione medica.
Nel caso di prestazioni mediche di natura specialistica, effettuate da chi sia in possesso del diploma di specializzazione, non può prescindersi dalla considerazione delle cognizioni generali e fondamentali proprie di un medico specialista nel relativo campo, non essendo sufficiente il riferimento alle cognizioni fondamentali di un medico generico.
In tema di reato colposo l’elasticità della valutazione dell’errore diagnostico non è ammissibile quando il margine discrezionale del medico, in riferimento alla diagnosi ed alla terapia, si riduca sino ad annullarsi per essere le manifestazioni della malattia così vistose che il non rilevarle sia incompatibile col minimo di preparazione ed esperienza cui è tenuto chi sia abilitato all’esercizio della professione medica.
La cartella clinica redatta da un medico di un ospedale pubblico è caratterizzata dalla produttività di effetti incidenti su situazioni giuridiche soggettive di rilevanza pubblicistica: trattasi di atto pubblico che esplica la funzione di diario del decorso della malattia e di altri fatti clinici rilevanti, sicché i fatti devono esservi annotati contestualmente al loro verificarsi.
Ne deriva che tutte le modifiche, le aggiunte, le alterazioni e le cancellazioni integrano falsità in atto pubblico, punibili in quanto tali; né rileva l’intento che muove l’agente.